Descrizione
01/12/2023L’accesso alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione è un diritto che gode di un regime di maggior tutela rispetto all’accesso alle altre informazioni detenute dalla pubblica amministrazione. Ciò è, peraltro, confermato anche dalle stesse disposizioni che si occupano di disciplinare altre forme di accesso, come ad esempio il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”) che stabilisce, all’art. 40 (direttamente applicabile nel contesto normativo provinciale), che “in materia di informazioni ambientali restano ferme le disposizioni di maggior tutela già previste dall'articolo 3-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dalla legge 16 marzo 2001, n. 108, nonché dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195” (che ha recepito in Italia la Direttiva UE 2003/4/CE, derivante a sua volta dalla “Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale” firmata ad Aarhus, in Danimarca, nel 1998).
Il diritto di accesso all’informazione ambientale, in sintesi
In base al D.Lgs. 195/2005, qualsiasi persona, fisica o giuridica, ha il diritto di chiedere l’accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche senza bisogno di dimostrare uno specifico interesse o una specifica ragione in relazione alla propria richiesta. Il concetto d’informazione ambientale è inteso dal legislatore statale in un senso estremamente ampio: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale, con riferimento agli elementi dell’ambiente (ad esempio, aria, acqua, suolo, ecc.), ai fattori, alle misure, alle attività che hanno un impatto su tali elementi (ad esempio disposizioni legislative, piani, programmi), allo stato di salute e alle condizioni di vita delle persone (cfr. art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 195/2005). L’autorità pubblica è tenuta a fornire le informazioni richieste entro 30 giorni dalla domanda. Se l’autorità pubblica non dispone delle informazioni dovrà indicare al richiedente l’altra autorità a cui rivolgersi o inoltrare direttamente la richiesta a tale autorità. La richiesta di informazioni può essere respinta se la domanda è chiaramente irragionevole o troppo generica; riguarda documenti la cui elaborazione è ancora in corso; pregiudica il superiore interesse nazionale (ad esempio le relazioni internazionali, la difesa nazionale o la pubblica sicurezza). Le cause di esclusione del diritto d’accesso sono elencate dall’art. 5 del D.Lgs. 195/2005 e devono essere sempre interpretate in modo restrittivo e deve sempre essere operato un bilanciamento con l’interesse pubblico alla diffusione dell’informazione ambientale. Il diniego deve, inoltre, essere sempre motivato.
Nel corso dell’anno 2023 sono intervenute alcune pronunce molto significative da parte della giurisprudenza amministrativa che ha ulteriormente definito e precisato i confini dell’accesso all’informazione ambientale in Italia.
Informazione ambientale accessibile, per il Consiglio di Stato è un concetto ampio...
La sentenza più rilevante è indubbiamente quella che il Consiglio di Stato ha emesso il 6 luglio 2023 (Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 6611 del 6 luglio 2023 ), sul ricorso di ENI S.p.A. avverso una sentenza con cui il giudice di primo grado (TAR Piemonte) aveva accolto il ricorso proposto da un’associazione ambientalista contro il diniego opposto dal Politecnico di Torino alla richiesta di accesso agli atti concernenti accordi di collaborazione stipulati tra il Politecnico stesso, ENI ed altre imprese del ramo energetico. L'obiettivo della richiesta di accesso formulata dall’associazione era quello di verificare l'eventuale potere delle imprese in questione di incidere sulle scelte didattiche, formative e, più in generale, scientifiche dell'Ateneo. La richiesta era stata rigettata dal Politecnico di Torino sostenendo che le informazioni richieste non fossero da considerarsi informazioni ambientali, afferendo, invece, a rapporti di tipo finanziario.
Diversamente, il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso dell’associazione, aveva ritenuto che il concetto di informazione ambientale non potesse riguardare solo i dati e i documenti immediatamente correlati con il bene ambiente, comprendendo altresì tutte le scelte, le azioni e qualsivoglia attività amministrativa che facciano comunque riferimento, anche indirettamente, al tema della tutela dell'ambiente (come, nel caso di specie, un accordo stipulato fra il Politecnico ed ENI).
L’appello al Consiglio di Stato era stato proposto da ENI sul presupposto che il giudice di primo grado avesse dilatato eccessivamente il concetto di “informazione ambientale accessibile”, ricomprendendovi finanche atti e documenti aventi tutt’altro scopo e finalità: nel caso specifico, si trattava di un’attività di partenariato accademico che aveva l’obiettivo di avvicinare il sistema delle conoscenze al tessuto produttivo. Il Consiglio di Stato, con la sentenza sopra citata, ha respinto l’appello di ENI, affermando come non possa escludersi “che accordi o convenzioni tra un soggetto operante in ambito accademico e un’impresa notoriamente leader nel settore energetico rivestano interesse al fine di rendere pubblici e trasparenti gli indirizzi volti a produrre conseguenze in termini di scelte e politiche ambientali, che non si vede perché dovrebbero rivestire carattere di riservatezza”.
... ma non illimitato
Il medesimo Consiglio di Stato, con sentenza emessa il 24 agosto 2023 (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7932 del 24 agosto 2023 ), ha d’altra parte chiarito che il concetto di “informazione ambientale” ha dei precisi limiti, pronunciandosi sul ricorso di un comitato avverso a una sentenza con cui il giudice di primo grado (TAR Lazio) aveva respinto il ricorso proposto dal medesimo comitato contro il diniego opposto da un Comune alla richiesta di accesso agli atti concessori relativi alle spiagge libere. Il comitato aveva formulato la richiesta di accesso, motivandola come funzionale allo svolgimento della propria mansione statutaria di salvaguardare l’integrità, la bellezza e l’unicità della fascia costiera in questione, anche attraverso la tutela dell’accesso libero e gratuito al mare e all’arenile. Il Comune non aveva dato seguito alla richiesta di accesso, eccependo la carenza di legittimazione attiva nonché l’incertezza dell’interesse ambientale sotteso all’istanza. Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso del comitato, ritenendo carente la legittimazione attiva a impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente in capo ad associazioni locali, nonché infondata sotto il profilo oggettivo l’istanza di accesso, perché priva dei requisiti per essere soddisfatta alla stregua della speciale disciplina sull’accesso alle informazioni ambientali di cui al citato D.Lgs. 195/2005 e anche della disciplina generale sul diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza sopra citata, ha confermato la pronuncia del TAR e respinto l’appello del comitato, considerando quella del ricorrente “una istanza che né è motivata dai possibili impatti di carattere ambientale né ha indicato quali matrici e fattori ambientali elencati dal (…) art. 2 d.lgs. n. 195 del 2005 sarebbero potenzialmente pregiudicati dagli atti amministrativi che ne sono oggetto”, riguardando esclusivamente gli atti concessori relativi alle spiagge libere attrezzate e “mancando perciò ogni adeguata dimostrazione dell’esistenza di un diretto collegamento tra interesse ambientale e l’interesse addotto a sostegno dell’istanza di accesso”.
Altre due sentenze che delineano meglio il concetto
Di rilievo, per comprendere i confini e la portata del diritto di accesso all’informazione ambientale, sono anche due sentenze di primo grado emesse dalla giustizia amministrativa nel 2023.
La prima è quella emessa dal TAR Piemonte il 16 febbraio 2023 (TAR Piemonte, sentenza 165 del 16 febbraio 2023 ), con cui è stato accolto il ricorso di un’associazione contro l’Università di Torino, che aveva negato l’accesso ai dati su uno studio epidemiologico finalizzato a rilevare gli effetti sulla mortalità e morbilità nella popolazione residente nei pressi di un impianto di trattamento dei rifiuti, sostenendo che i dati richiesti fossero dati personali – in parte anche sensibili (dati relativi alla salute) – non qualificabili come informazioni ambientali e, quindi, non soggetti al diritto di accesso. Il giudice di primo grado, con la sentenza sopra citata, ha accolto il ricorso evidenziando che “i dati relativi alle coorti di popolazione posti alla base di uno studio epidemiologico sugli effetti delle emissioni di una discarica di rifiuti costituiscono a pieno titolo informazione ambientale”, in quanto “direttamente connessi sia con i fattori ambientali che con lo stato di salute e sicurezza umana di cui all’art. 2, comma 1 lett. a) del decreto legislativo 195/2005”.
La seconda sentenza di primo grado è quella emessa dal TAR Lazio il 5 ottobre 2023 (TAR Lazio, sentenza 14773 del 5 ottobre 2023 ), con cui è stato accolto il ricorso di un’associazione contro una società specializzata nel settore assicurativo-finanziario, che aveva negato l’accesso ai documenti inerenti le intese e gli impegni di natura finanziaria e assicurativa assunti in riferimento a un progetto per la costruzione di un gasdotto, sostenendo che taluni dei documenti richiesti non conterrebbero informazioni ambientali, mentre per altri che le contengono ci sarebbe una carenza d’interesse all’accesso in capo all’istante. Il giudice di primo grado, con la sentenza sopra citata, ha accolto il ricorso evidenziando come “gli atti e documenti di cui è stata chiesta l’ostensione non possano essere esclusi dall’accesso ambientale, essendo essi espressione di un’attività amministrativa che, direttamente o indirettamente, involge l’ambiente e la sua tutela”, “apparendo le informazioni richieste (almeno astrattamente) idonee a fornire elementi istruttori circa i possibili rischi ambientali e climatici connessi al progetto di cui si discorre”; il giudice di primo grado ha altresì evidenziato che “la speciale disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale contempla [...] un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell’informativa ambientale, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati ad insorgere avverso il diniego espresso o tacito di accesso a chiunque ne faccia richiesta, espressamente escludendosi la necessità di dimostrare la sussistenza di un relativo interesse giuridicamente rilevante”.
Marco Niro
Luca Tomasetto